Il nuovo millennio era appena nato.
L’aria degli anni novanta era ancora fresca, anche se leggermente insipidita dai tre zeri affascinanti comparsi sulla data.
Il futuro famigerato aveva finalmente bussato alle nostre porte.
Qualcuno non aspettava altro.
Qualcun altro provò quasi nostalgia.
Si trattava di una sensazione sottile, riposta sotto quella patina di quotidianità che ricopre le azioni sempre uguali.
Si trattava di una sensazione sottile, riposta sotto quella patina di quotidianità che ricopre le azioni sempre uguali.
Un sentimento leggero leggero, e nemmeno troppo diffuso.
Se ne stava nascosto, rivelando di tanto in tanto solo qualche pallido riflesso di sè.
Sembrava dovesse rimanere inerte per sempre, ma mi sbagliavo.
Allora non avevo idea del suo potere evolutivo, di quanto poteva essere in grado di trasformarsi e trasformare.
Era nascosto, come ho detto.
Risultava, dunque, molto difficile coglierne sfumature e progressi.
Mi ci volle tempo...
Lo stesso tempo che non mi venne incontro a tale scopo.
Non mi semplificò le cose, certo, ma proprio non riuscivo a fargliene una colpa.
Il tempo, quello con la ti maiuscola, accelerò un poco il passo.
Tutto sembrava più vicino e più piccolo.
Il mondo si miniaturizzava impercettibilmente.
Servivano strumenti sempre più sottili e precisi per sondarne le viscere e cogliere le differenze.
Ma nessuno pareva rendersene conto.
Anche perché, di fatto, in superficie, non risaltavano grandi differenze.
Il campionato di calcio si giocava come prima e il 12 Dicembre i liceali scendevano nelle strade per commemorare la strage di piazza Fontana.
La vita a galla non era cambiata, anche se molti si ostinavano a negarlo, vomitando luoghi comuni sul progresso e sul benessere, sfoggiando l’atteggiamento di chi ha capito tutto. A guardarle bene queste espressioni erano piuttosto ridicole, per non dire grottesche. Eppure, proprio come il digitale ha estinto l’analogico, si sono moltiplicate sotto i nostri occhi, sintonizzando sempre più orologi al loro ritmo, così da poter dettare il tempo. Un tempo un po’ più nervoso, a detta mia.
Se mi è concesso, un “tempo che andava di fretta”.
La vita rimaneva quella, è vero, ma la gente cominciò a camminare seguendo la sciarada luccicante delle novità multimediali.
I film si riempivano sempre di più di effetti speciali, spettacolari e barocchi, e la musica si contorceva impazzita nel panorama mondiale, cercando nuove strade d’espressione, dando vita a nuovi generi e artisti plasmati dai sentimenti di un secolo che muore.
Il calderone della moda ribolliva instancabile, continuamente, proponendo collezioni stagionali a non finire.
E le tendenze passeggere delle estati si susseguivano senza peso di anno in anno, lasciando che i media continuassero a giocare con la gente.
Il nuovo millennio nacque con le sembianze di un grosso padiglione da circo, riempito di silicio e cavi elettrici e di schermi giganteschi.
Per affacciarsi sul mondo.
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