Svuotai i polmoni cedendo all'ambiente quel poco di calore che avevo trattenuto. Il fumo si diradava nell'aria fredda donando grigiore ad un clima già vuoto. Avevo altri tre o quattro minuti di pausa e decisi di impiegarli tornando nuovamente a guardare l'ambiente intorno a me. I miei occhi seguivano un percorso rapido e stretto, senza soffermarsi su niente in particolare. Ad uno ad uno vedevo sfilare i passanti, così coinvolti nelle loro faccende. Tutto regolare. Le nuvole, enormi, lente, pesanti, come corazzate, presidiavano un cielo grigio. Abbastanza tipico per questa stagione, pensai. Alberi. Esattamente dov'erano anche ieri. Rumore. Regolare. Siamo quasi in centro. Anche se non succede mai niente. Un tizio con un lungo soprabito nero. Accovacciato sulla panchina da solo a venti metri di distanza di fronte a me. Uno fra tanti.
Mi sembra che mi stia guardando.
Giro la testa. Mattoni rossi a vista nel muro. Fontana senza acqua, tubi chiusi, per non farli spaccare dal gelo. Come sono perspicace. Voci concitate, due che scherzano. Tizio con soprabito nero.
Si, si. Mi sta proprio guardando.
Volto ancora la testa, ma questa volta lo tengo sottecchi con sguardi fulminei ed evasivi. Non inquadro chiaramente le sue intenzioni. Penso che probabilmente non stia guardando me, deve essere solo una mia impressione. Sarà senz'altro uno fra tanti, che si sta facendo i cazzi suoi e magari mi ha scambiato per qualcun altro. Anche se tra uno sguardo sottecchi e l'altro non posso fare a meno di notare che il bieco personaggio continua a fissarmi. Uno squilibrato, penso. Non c'è ombra di dubbio. Altrimenti perchè uno deve insistere? Devi dirmi qualcosa? Vieni qui e me la dici. Dammi almeno un buon motivo per cui mi debba sentire fissato. Pazzo, senza dubbio. Com'è che si faceva con i pazzi ? Forse non dargli attenzione. Ora smetto di guardarlo, mi giro con la testa di lato, faccio un tiro di sigaretta, e sono sicuro che quando mi volto avrà smesso di fissarmi.
Seconda boccata, un po' nervosa, questa volta. Anche quando da ragazzo mi fissavano i miei amici, mi dava sempre un po' fastidio.
Maschero lo sguardo con la mano e cerco di darmi una descrizione del personaggio che mi trovo davanti. Giovane, avrei potuto dire trenta, trentacinque al massimo. Non si poteva certo dire che fosse pazzo, a guardarlo. Vestito normale, non bene ma pulito, scarpe a posto, capelli ok, nessun filo di bava alla bocca, insomma niente che potesse farmi pensare che si trattava di uno squilibrato. Tranne lo sguardo, e quella strana posizione del corpo. Body language. Era provocatorio ma serafico come un inquisitore malato di mente. Cominciavo a sentirmi un po' inquieto.
Terza boccata di sigaretta, questa volta lunga, col volto girato, accenno di fumo che subito si dirada. Sgrano gli occhi e cerco di mascherare a me stesso l'imbarazzo. Adesso mi distraggo, mi dico. Mi guardo intorno e cerco un punto di ancoraggio nell'ambiente circostante a cui aggrapparmi per far finta di non sentirmi osservato. Nel parco altre persone che passeggiano. Nessuno che possa andare a salutare. In lontananza la strada. E come al solito non succede mai niente. Zona troppo tranquilla, pensai. Anche se siamo in centro. Un gatto a strisce accovacciato sopra un armadietto appoggiato al muro. Vorrei tirargli un piccolo sasso per disturbarlo ma non voglio dare al pazzo un motivo in più per continuare a fissarmi, e magari venire pure qui a rivolgermi la parola.
Quinto tiro di sigaretta. Non avevo trovato niente per far finta di distrarmi e l'inquietudine cominciava a trasformarsi in nervosismo.
Sesta boccata. A questo punto mi rifugio nel pensiero per fingere naturalezza almeno con me stesso. Mi chiedo cosa abbia combinato quello lì per diventare così pazzo. Forse è uno di quelli che vede la Madonna. Si sarà sicuramente così. Bigotto, allucinato. Faccia da totano impanato. E magari la sta vedendo proprio in questo momento. Tipico caso di sindrome da mancanza affettiva. Il simbolo religioso gli ha sostituito l'amore materno che gli è stato negato da piccolo. Lapalissiano. Un Freud un Jung non avrebbero potuto dare diagnosi migliore.
Eh già.
Ma allora, se la sta vedendo perchè non fa niente, non si muove non dice non fa nulla ? Oddio. Vuoi vedere che è così pazzo che vede la Madonna e fa finta di niente ? Questo pensiero mi inquieta.
Ancora una boccata. La sesta. Ma questa volta senza aspirare, trattenendo lì il fiato, sul principio dell'inspirazione. La sigaretta era già abbondantemente a metà. Intanto il pazzo continuava a fissarmi. No, non può essere la Madonna. Altrimenti si comporterebbe in un altro modo. Non starebbe lì fermo come un baccalà a fissarmi. Sarà pazzo per un altro motivo. Ci deve essere un motivo per cui è pazzo. Dovrà pur aver fatto qualcosa per comportarsi così. Perchè quello lì continua a fissarmi, apparentemente senza motivo?
Settima boccata. Adesso vado lì.
Ottava. Nona.
Quasi mi strozzo col fumo. La sigaretta è ormai giunta alla fine. Fingo naturalezza. Ma cos'ha da guardare con quello sguardo da ebete? Uno sano di mente non si comporta così, no, assolutamente. Che ti fissa e non ti dice niente. Ma perchè poi? Ci sto impazzendo. Mi sta mandando fuori dai nervi. Mi sta facendo impazzire.
Ultima boccata alla sigaretta. Il mozzicone ancora caldo tra le dita emana il suo tipico odore, acre. Lo lancio e questo compie un moto parabolico andando a finire vicino agli altri.
Adesso mi alzo. Dentro di me sento affiorare un istinto violento. Vorrei andare lì e spaccargli la faccia, a quello. Rovinargli quell'espressione provocatoria. Farlo piangere e implorare pietà, ridurlo ad uno straccio umano e chiedergli perchè cazzo mi stavi guardando. Adesso mi alzo. Sto per andare da lui. Lo prendo per il colletto e gli sputo in faccia e poi lo tempesto di pugni. Anche adesso continua a fissarmi. Spaccargli i denti con un pugno e poi vederlo accasciarsi a terra, e mettergli un piede sulla cassa toracica e schiacciarla fino a fargli schizzare fuori una spiegazione del perchè mi stesse fissando.
Raccolgo le forze per alzarmi.
Lui continua a fissarmi.
Mi sto per alzare quando una voce frena la mia iniziativa.
“Cazzo Mario sei sempre fuori a fumare! Ora basta, vieni dentro, che il dottore ti aspetta”
Un infermiere. Quell'infermiere lì, il rompipalle. Mi si avvicina, faccio una smorfia di sdegno. Lui blatera qualcosa. L'infermiere mi si avvicina, mi prende sottobraccio e mi accompagna, continuando con il suo insulso soliloquio. Non lo ascolto nemmeno. Continuo a guardare il pazzo che nel frattempo mi sta ancora fissando, gli lancio un 'ultimo sguardo veloce prima di vederlo sparire alle mie spalle. Varco l'ingresso. Davanti a me il salone dell'ospedale. L'infermiere mi saluta e mi raccomanda di non fare aspettare il dottore. Ormai la strada la conosco bene. Ultimo corridoio a destra, in fondo a sinistra. Dottor Sirchioli. Psichiatra. Oggi è mercoledì, sono in cura da lui. Poi a pranzo lasagne, perchè è il compleanno dello Svanni. Dopo mangiato un'altra sigaretta ci sta, anche se sicuramente non mi faranno più uscire in giardino. Regola dell'istituto. I pazienti in cura sotto psicofarmaci in realtà non potrebbero nemmeno uscire senza un accompagnatore. Con me fanno uno strappo alla regola perchè sono qui dentro da anni. E poi dicono che non sono pericoloso. Solo un po' suggestionabile.
Nessun commento:
Posta un commento