Dice così il cartello giallo conficcato nel terreno.
Delimita una zona, un territorio.
Delimita l’ultimo brandello di spiaggia ancora incontaminato dagli ombrelloni e dalla puzza di olio solare.
Uno spazio dove l’acqua è più trasparente e la sabbia sempre più fine; dove i pochi rimasti sono in via di estinzione, accerchiati e condannati.
Cinquanta metri dividono la risacca e il logorato edificio in mattoni a vista. Quell’edificio è il luogo di incontro e confronto per eccellenza, un riparo dalle tempeste e dalla vita, la tana dei leoni.
Costantemente battuta dalla brezza, la costa in quel punto appare più candida e pura, più libera e frizzante...
...più vitale.
Sette di mattina, bava di vento da nord, mare piatto.
File di ombrelloni chiusi, parcheggi ancora vuoti, gabbiani ancora in giro...
Il centro, a poco a poco, va rianimandosi.
I cancelli si aprono così come le palpebre assopite dei surfisti ancora a letto, reduci della passata notte di fuoco nella veglia di Ferragosto.
Astinelli, il signore incontrastato di quel regno, apre il sipario e inizia a spazzare via la sabbia dal viale dell’onore.
Occhi bassi e orecchie al mare.
A quell’ora il suo unico compagno sembra essere il silenzio che, in un linguaggio incomprensibile a noi miseri mortali, rivela ad Astinelli i segreti dell’oceano.
Verso le otto il sole si stiracchia e irradia il suo calore benevolo tanto apprezzato dai beach boys della litoranea.
Da quel momento in poi affluiscono gli aficionados, attirati dall’odore della salsedine e da una tramontana in crescendo. E’ ancora troppo presto (caffè e bombolone sono ancora galleggianti nello stomaco) per attivarsi e così si comincia con il sistemare gli spogliatoi e depositare cellulari e santini nei rispettivi loculi.
Subito dopo è consuetudine passare alla contemplazione del deposito tavole, dove i sogni irraggiungibili di noi poveracci sono custoditi lì, in carbonio e paraffina, lucidi e pulsanti come fossero vivi.
Sguardi di ammirazione, commenti...
...intanto passa un’altro po’ di tempo...
Fino alle nove diamo una mano in giro. Controlliamo attrezzature e infrastrutture. Puliamo la base operativa e, soprattutto, stendiamo la scaletta di canzoni che faranno da colonna sonora alla promettente giornata.
Rock ‘n’ roll, punk melodico, hard rock, blues, folk, raggae e ska...
Generi caldi e passionali come gli abitanti del centro velico.
L’atmosfera va riscaldandosi e la fauna si sta moltiplicando.
Anche le spiagge vicine si riempiono e, a sprazzi, giungono voci e suoni del caotico vastomondo.
Fortunatamente le nostre voci e quelle dell’impianto stereo saturano l’ambiente senza alcuna difficoltà.
Ogni tanto una pausa.
Tra una fetta di ciambella e due tiri a beach tennis si riesce a svezzare la prima ora della mattina.
Ore 9:00.
L’ora dei corsi!
I primi allievi arrivano timorosi, indecisi.
Salutano timidamente e si tuffano negli spogliatoi a prepararsi.
La maggior parte sono bambini tra i sette e i dodici anni, ma si iscrivono anche miei coetanei e, a volte, adulti.
Dopo una decina di minuti il centro pullula di persone.
I tesserati del circolo di vela ci impongono di portare a riva catamarani e derive; gli adepti alla nostra disciplina chiacchierano tra loro osservando il movimento.
Alcuni cominciano ad armare vele e a scegliere le tavole sotto gli occhi scazzati di noi veterani.
Il vento gira in grecale, ora più teso e definito, la maretta non monta ancora. Astinelli controlla con occhio vigile i confini del suo territorio, tenendo d’occhio con particolare attenzione i cat che si avviano verso la battigia e i movimenti delle ancor più odiate moto d’acqua.
Noi pochi seguaci della sua setta ci trasciniamo per la rimessa, regalando qua e là qualche dritta ai novellini.
Non c’è ancora abbastanza vento.
Fra qualche minuto dovrebbero partire le lezioni.
I pargoletti hanno appena finito di preparare le tavole e parlano concitatamente nella rimessa.
Attendono l’entrata di re Astinelli.
Il sole ora si fa sentire molto di più e i fedelissimi entrano negli spogliatoi. Vestizione!
Ci scrolliamo di dosso T-shirt e tre quarti sfoggiando il colori caldi della Billabong e gli arabeschi esotici della Rietvield.
Licre, guantini e scarpette: la corte del sire è pronta!
Usciamo dalla tana uno alla volta, lentamente. Con quell’aria scoglionata e addormentata, oramai assopita nella routine.
Anche io esco dall’ombra e lancio la consueta occhiata in giro.
Il riverbero della sabbia fa stringere gli occhi che diventano fessure, contribuendo ad alimentare l’aspetto vissuto del surfista di mare.
Lo zefiro greco gonfia la manica a vento. La risacca si fa più insistente e le sartie iniziano a tintinnare.
Astinelli fiuta l’aria e scruta l’orizzonte.
Ecco che entra in scena!
Imperioso come sempre esce dall’ufficio (la sala ovale del centro) e fende la schiera dei sui fedeli.
...qualche sguardo e qualche battuta per poi dedicare tutta la sua attenzione ai novizi, anchilosati da mezz’ora sotto il Sole.
I pargoletti stringono una cerchia fitta intorno al maestro vispi e pimpanti. I più grandi e gli adulti tengono le distanze senza comunque mai perdere una sillaba dell’oracolo.
Ordini, chiarimenti, spiegazioni...
Due cenni sul vento e sulla corrente...
Raccomandazioni...
Dopo dieci minuti di domande gli allievi si precipitano a riva trascinando faticosamente tavole e vele.
Le loro voci si allontanano sempre di più, fino a quando vengono coperte dai suoni della costa.
A quel punto l’imperatore si rivolge ai suoi vassalli.
A passi rapidi e sicuri si porta al centro del nostro gruppetto stravaccato in attesa di ordini.
Si erge imponente in tutta la sua figura.
Così stagliato contro il cielo, l’oracolo esordì:
“Allora, ragazzi... A me gli occhi! Poche pugnette, state a sentire!”
La erre moscia, la parlata strascicata e il forte accento romagnolo fanno di lui il grande oratore che dice di essere!
“Marco e Ziggy vanno sul gommone! Oh... Mi raccomando! Non mi fate la cazzata dell’altra volta perché non voglio supplicare ancora la capitaneria! Sono stato chiaro?”
Il tutto è accompagnato da una mimica travolgente.
“Cristallino, dottore...” Risposta e via!
Secondo l’imposizione due vanno al gommone per recuperare i più impediti e riportarli a riva. Lavoro palloso e spesso inutile.
...alla fine si chiacchiera e basta.
Il re prosegue:
“Michele... Oggi ci resti tu qui; ieri è toccato a Ricky e quindi oggi tocca a te!”
Sbuffo sommesso del Micky che fa per protestare.
“Non rompere i coglioni una volta tanto! Sei sempre lì a lamentarti e non fai mai un cazzo, brutto sfaticato! Un giorno o l’altro ti metto a ramazzare tutta la banchina con un pennellino per le ciglia!”
Al primo accenno di protesta di Michele basta un’occhiata del sovrano per sedare ogni tentativo di rivolta.
“Almeno posso usare il computer? Se no morirò d’inedia oggi!”
“Dai va beh... Lo puoi usare, però non starci le ore o diventi impotente!” “Tanto oramai che ci vuoi fare... La sua virilità l’ha già persa ai dadi!”
Risatina generale.
“Senti, no, piuttosto... Ricordati di chiudere l’ufficio se ti allontani, ok? ...mmm...”
Micky rientra nella tana.
La sua giornata di caccia è sfumata.
Ed ecco che Astinelli si rivolge a me e a SuperSte.
Inforca gli occhiali a specchio e guarda il cielo.
Aspettiamo il suo comando in silenzio cercando di penetrare le lenti brillanti che celavano i suoi occhi.
La brezza incornicia quel momento magico. Si addensa il silenzio.
Poi il sire parlò:
“E voi due segaioli pigliate due tavole, datemi una mano in mare!”
Siii!! L’incarico migliore!
Come ogni cosa, anche il surfista tende al suo ambiente naturale: l’onda!
Sguardo rapido di intesa con SuperSte e via alle vele.
La brezza è troppo scarna per garantire qualche emozione e così ci lanciamo sulle spettacolari Highfly da 6 metri di velatura, così da assicurarci una sufficiente spinta per non rimanere inchiodati a riva.
Le nostre tavole sono più leggere e aggressive. Ogni volta che la stringo tra le braccia per portarla in riva la sento quasi vibrare, come ansiosa di fendere le acque, di ritornare ad essere la regina incontrastata delle correnti.
Gli allievi sono tutti già in acqua, bloccati contro vento o vittima della maretta. Le nostre attrezzature aspettano in terra sulla battigia.
Noi allarghiamo le braccia e ci facciamo benedire ancora una volta.
Per qualche istante l’aura salmastra del mare ci accoglie e ci chiama a se.
Altro sguardo d’intesa e hop!
Per una buona mezzora bazzichiamo la zona dove sostano i principianti; riportandoli dentro il canale, dando consigli e suggerimenti.
Ai loro occhi siamo come spiriti leggiadri che hanno imparato il segreto di quell’arte: l’arte di imbrigliare il vento nelle braccia.
Ogni tanto qualche manovra più azzardata... Qualche spunto di classe...
Col passare del tempo il mare va agitandosi e il grecale rinforzando.
Verso le undici alcuni bambini tornano a riva distrutti, ma soddisfatti della giornata. Ancora una mezzoretta e tutti gli adepti se ne sarebbero andati.
Astinelli, saldo al centro del canale di uscita, impartisce ordini ad alta voce. Sembra quasi un essere mitologico, il figlio stesso di Poseidone.
La mattinata è agli sgoccioli, ormai.
E’ passata un’ora e anche l’ultimo apprendista è tornato a casa. Il nostro signore sta per uscire dalle acque e si rivolge a noi con il suo rigoroso linguaggio del corpo.
TRADUZIONE DEI GESTI ISTERICI DI ASTINELLI:
- Mo’ vado! - State in mare quanto vi pare! - Mi raccomando, però! -
- Portate su tutto o vi spezzo le braccia! - Chiaroooo?!?!?!? -
TRADUZIONE DEI GESTI ISTERICI DI NOI DUE:
- Siiiiii, hoccapito! - Astinelli culo! - Culo! - Culo chi non lo dice! - Culo!!!!!!! -
Adesso sì che siamo noi i signori incontrastati delle brezze!!
Bellissime, lucenti le nostre vele sfilano lontane dalla riva.
Ci teniamo a un paio di metri di distanza costantemente in una rotta precisa e ben delineata. Due pennacchi rossi all’orizzonte.
Il Sole è ormai allo zenit è la stanchezza comincia farsi sentire.
L’una; anche il surfista temprato deve magna’!
Decidiamo di rientrare e imbocchiamo il canale di boe. Il vento ora lo prendiamo di poppa, dritto sparato nel boma si fa fatica a tenere l’attrezzatura.
Ogni tanto l’onda rischia di farci perdere l’equilibrio e, in quei momenti, solo la nostra vetusta esperienza non ci fa capitolare miseramente tra i flutti.
Siamo quasi arrivati.
Siamo esausti.
Già pregustiamo la doccia calda e la fragrante piadina del ristorantino sulla scogliera. Le energie vengono meno e ci abbandoniamo sulle tavole.
Ma attenzione!
Guardaguarda SuperSte!
Quelle sulla spiaggia... Sono ragazze! E... Ci stanno guardando SuperSte!
Orsù dunque!! Baldanza! Gagliardi! Fieri!
Accantoniamo la stanchezza e guardiamo oltre le onde, oltre le dune, oltre le colline... Guardiamo al futuro!
Siamo già ad una decina di metri dalla risacca ma non scendiamo dall’attrezzatura. Su la deriva piuttosto! I nostri destrieri devono portarci fino alle prime sabbie.
In venti centimetri d’acqua lo scafo comincia a raschiare il fondo.
Con un balzo leggero e calibrato saltiamo giù.
Per inerzia la tavola si arena sul bagnasciuga e la vela si assopisce sfinita sotto l’alito di Eolo.
Tutto questo contemporaneamente.
Abbandoniamo il salvagente scarlatto su una sdraio e ci apprestiamo a smantellare i windsurf.
Disarmiamo e ci carichiamo in spalla verso il centro.
Passiamo sicuri di noi stessi nell’accampamento delle tipe lentamente, soppesando ogni nostra mossa.
“Che si rifacciano gli occhi!” è nostro unico pensiero.
Indifferenza simulata e postura studiata.
Un cocktail sicuro per attirare l’attenzione. Orecchie tese a percepire ogni bisbiglio e commento.
Siamo sicuri di aver donato venti secondi da ricordare!
Ci allontaniamo consci di aver ancora una volta contribuito ad alimentare l’immagine del surfista.
Una persona dallo spirito libero che vive tra i frangenti, coccolato dalle brezze!
Una personalità diversa, esterna alle masse dei turisti tradizionali; che aspira a conoscere tutti i segreti dei sette mari e che, forse, un giorno, saprà finalmente che cosa pensano le onde.
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