sabato 19 febbraio 2011

Un cocktail con Boltzmann

- Ripassiamo
Ecco, ci risiamo anche stavolta: la genealogia degli antenati nobili di Ludo, ovviamente inventata per intero da lui in un disperato momento di noia. E’ un classico del sabato sera.
- Chi è Fineo?
- Non è Finezio
- E Finezio?
- Non è Fineo
- Ok. Chi è Quappio?
- Lo zio di Fineo
- E lo Scoccabarozzi?
- Il maggiordomo
- E chi è Frappio?
- Il fratello dello zio di Fineo
- No!
Colpo degli infiniti mondi.
Il colpo degli infiniti mondi sono sostanzialmente quattro dita che ti si infilano di forza nel fianco, qualche centimetro sotto l’ultima costola. Arrivano quando meno te lo aspetti, ma non è questa la loro forza. Anche se te le aspettassi, come qualche volta succede - tipo questa - non c’è niente che ti possa salvare dal piegarti disastrosamente dalla parte colpita. Cioè verso il suo bicchiere.

E dunque crash, via il bicchiere. E via pure la melassa in esso contenuta, dall’esotico nome di Markus Island, con quell’Island che ti avverte che è un miscugliazzo di almeno sei o sette spiriti diversi, ma anche con quel Markus, con la kappa, che ti fa già subodorare che metà di quelli saranno il malibù, il midori e la granatina, o altri loro stucchevoli sosia. Un cocktail probabilmente creato da malefiche corporazioni segrete che puntano al controllo del mondo facendoci diventare tutti froci.
- Ecco. Pirla. Adesso me ne paghi un altro.
- Ma dovresti solamente ringraziarmi, che a berne tre sorsi in più saresti andato in coma glicemico.
Però questi discorsi attaccano poco con Ludo. Attaccano di sicuro molto meno dell’intruglio che in questo momento è per terra e sta cercando di scalzarmi una scarpa. Che probabilmente trova deliziosa, seppure molto amara.
Quando si dice che l’alcol è una sostanza in grado di alterare le emozioni di solito si sottintende che bisogna prima ingerirlo. Ma a Giobbe vedere versare dell’alcol provoca lo stesso effetto che farebbe ad un bambino il veder versare lo stesso quantitativo di sangue. Ed oggi, manco a dirlo, era pure il giorno dei cocktail big. D’un tratto smette di ascoltare Pape e mi punta con un’espressione di orrore, come se gli avessi appena sgozzato il figlio sul tavolone rustico del pub. Negli occhi di Pape, invece, l’euforia e la contentezza: per una volta gli scappellotti non arriveranno a lui.
Mentre Alina raccoglie i cocci di vetro, complimentandosi per la mia maestria nel romperle i bicchieri - metafora, dice, degli attributi di cui ella difetta, in quanto appartenente al gentil sesso - Boltzmann, sonnolento, sta sulla sedia accanto alla mia e non fa una piega. Tutto normale, dice lui. L’entropia aumenta e tutto avviene nel pieno rispetto della seconda legge della termodinamica. Osserva col suo sguardo profondo e saggio il crescente subbuglio dei suoi compagni di tavolo, distraendosi ogni tanto per le urla dei tifosi che stanno seguendo Roma-Napoli sul maxischermo, che poi è un muro con un proiettore, ma Alina dice che mettere “maxischermo” sulla lavagnetta vicino all’entrata faceva più tendenza.
Boltzmann si siede spesso al nostro tavolo. Lo sa, siamo degli habitué. E secondo me sotto sotto si diverte un sacco ad usarci come esperimento a sua personale riconferma di ciò che ha sempre sostenuto. Anche se ovviamente a noi non lo dirà mai.
Nel frattempo cominciano a piovere improperi e coppini.
- Demente
- Oh su neanche ti piaceva
- Ora mi vai a prendere una birra
- To’, bevi un po’ della mia
- La tua fa schifo
- Allora non so che dirti
- Non so che dirti un cazzo, ora me la paghi
- Plipplipplì
Una cosa che tutti gli esperti di dinosauri dicono di evitare quando ci si trova davanti ad un Ludovico arrabbiato è di fargli il verso. Questo comportamento - sostengono - ha la massima probabilità di scatenare una reazione violenta nei confronti di chi lo sta prendendo per il culo in un momento che lui ritiene poco appropriato. E quindi eccomi qui con la faccia mezza schiacciata sul tavolo, nel tentativo di sottrarmi alla raffica di colpi in stile Jackie Chan con cui il nostro gioiellino del Triassico mi sta comunicando il suo disappunto per l’incidente.
L’entropia, pensa intanto Boltzmann con aria compita, è la quantità responsabile, tra le altre cose, della imminente fine del mondo. Non potendo che aumentare, un giorno o l’altro il caos crescerà così tanto che niente potrà più dirsi ordinato, e quindi l’universo si disgregherà. Un chiaro esempio di tutto ciò sta accadendo ora su questo tavolo, dove anche gli altri due imbecilli hanno cominciato ad infierire su di me, che già faticavo a difendermi dall’energumeno della situazione e adesso devo anche tenere a bada Giobbe e Pape, che finirà così per prenderle anche stavolta che oggettivamente non c’entra nulla, e infatti la prima cosa che faccio appena Ludo mi concede un attimo di respiro è restituirgli le papocchie, mentre la seconda è tentare di far mollare a Ludo la presa del mio braccio, tirandolo un po’, ancora un po’, mentre la palla passa a Lavezzi che la mette giù di testa, Ludo non molla, lo strattono di nuovo, la passa a Cannavaro, traversone, mi sgancio, la prende Cavani, gol.
E poco ci manca che io non finisca in grembo a Boltzmann, che in tutto questo è restato sulla sua sedia a guardarci, e che adesso si è alzato con un’aria piuttosto preoccupata.
I tifosi del Napoli che esultano sono una di quelle sciagure che non si dovrebbero augurare neanche ai peggiori nemici. Ma nel casino, nella confusione ormai totale e dilagante di quei pochi metri quadri del pub, c’è solo un elemento che preserva un ordine, una traiettoria dritta, un moto teso ed inesorabile. Boltzmann segue con gli occhi l’incedere di Alina dal bancone al nostro tavolo, lo straccio da cucina grondante d’acqua ancora in mano. E capisce in quel momento che forse qualcosa sfugge alle sue leggi.
A volte, raramente, accade che l’entropia di un sistema faccia un salto indietro. Così, tutto d’un tratto, per mezzo di un solo evento. L’universo, che prima stava evolvendo tranquillo verso la sua prevedibile morte termica, riacquista ordine. D’un colpo.
E d’un colpo effettivamente si tratta: anzi, di due, a voler essere pignoli. Con fare da valchiria, Alina alza in aria lo straccio e lo riabbassa velocemente diretto verso la guancia di Ludo. Sciaff. “Ha ha, daje all’energumeno!” Ed ecco. Sciaff. In faccia anche a me. Vedi, Boltzmann, alle volte basta un gesto.
Ludo è rimasto pietrificato sul suo sgabello, gli occhi fissi su Alina come se gli fosse apparsa la madonna. Io sono in uno stato di confusione mentale. Boltzmann ha l’aria perplessa. Anche agli altri tavoli le urla si sono quietate, e per qualche secondo a nessuno frega niente del replay di Cavani che tira la seconda pappa alla Roma.
“ Basta con questo casino, che mi spaventate il cane” “Ma dai, Alina”, protesto io con voce ancora titubante. “Boltzmann ci conosce ormai” “Si chiama Bolt” “E’ un bel soprannome” “E’ il suo nome: Bolt”, lo chiama, e il bassotto, scosso da quanto appena accaduto, lascia la sedia e la segue dietro il bancone, mascherando lo sgomento sotto il suono del trotterellìo delle sue zampette.
Dopo un po’ di tempo nessuno di noi quattro parla ancora.
- Ma, Ludo
- Eh
- Frappio chi cazzo hai detto che era?
- Boh, me lo sono inventato ora
Mi guarda come se fosse tutto normale.
Io gli tiro un pugno sulla testa, e l’universo ricomincia la sua corsa.

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