domenica 30 gennaio 2011

Jeff Santini - #2 - Topi in trappola

"Lei deve essere Santini, del New York Times."
"Sono io. Lei è il signor Saitta?"
"Sì. Buongiorno."
"Buongiorno."
"Allora signor Santini, mi hanno detto che mi ha cercato."
"E' così, sono passato questa mattina. Ho lasciato un biglietto."
"Sì, mi ha avvisato mia figlia. Cosa posso fare per lei?"

Jeff apre il taccuino e cerchia il nome dell'Hotel Crystal.
"Sto cercando una persona. Mi hanno detto che alloggia qui da voi."
"Come si chiama?"
"Thompson."
"Mi faccia dare un'occhiata. Torno subito."
Santini osservò l'albergatore sparire dietro la reception prima di ritornare ai suoi appunti.
Con questo, erano sei i suoi informatori scomparsi. Ancora non era riuscito ad agganciarne uno.
Non si trovavano. Quella mattina era andato al settimo distretto, nel Queens north, dove lavorava un suo amico di vecchia data, il capitano Daniel Loyd. Era considerato un bravo poliziotto, onesto quanto basta, e sapeva stare al suo posto. Questa sua condotta gli garantiva una certa libertà e, ogni tanto, gli passavano qualche caso importante. Da anni Jeff e Danny si scambiavano informazioni. Quella mattina, però, Danny era di malumore. Era stato segnalato un caso di omicidio con la precedenza assoluta e tutti i distretti erano stati allertati.

"Scusami un secondo Jeff..."
"Vai, vai."
"Mel, vieni qui un secondo."
"Signore?"
"Sono un attimo occupato, ora. Avvisa il capo che avrà il rapporto dopo pranzo."
"Sì, signore."

Danny fece segno a Jeff di fare silenzio e attendere ancora un istante, il tempo di chiudere la porta dell'ufficio e scurire le persiane.

"Ficcanaso?"
"Non si sa mai. Dimmi tutto."
"Non riesco a trovare i ragazzi."
"Mmm"
"E' tutta mattina che giro."
"Credi che abbiano abbandonato la nave?"
"Beh, se non sono topi, ci assomigliano bene."
"Ma la nave sta da dio."
"Credevo il contrario."
"E chi te lo ha detto?"
"Voci di corridoio."
"E tu vai dietro a delle voci?"
"E' il mio lavoro."
"Allora, forse, questa volta è il caso che ti prendi le ferie."

Jeff si fermò un attimo a fissare il vuoto, sempre di sbieco.

"Perché, Dan? Cosa c'è che non so?"

Daniel allargò le braccia, quasi in segno di resa, ed estrasse un fascicolo da un cassetto.

"Ieri hanno fatto fuori Pietro Morello. Nell'East Harlem."
"Però! Quasi in casa sua..."
"Esattamente."
"Capisco."
"Era lì con un tizio, un certo Giuseppe Pariano. Tutti italiani."
"Di che ti meravigli? Siamo ovunque."
"Fatto sta che, sicuramente, Don Masseria non l'ha presa bene."
"Perfetto. Pensa che sono pagato per scrivere il contrario."
"E tu scrivi il contrario, allora. Tutti i dipartimenti di polizia dello stato ti saranno immensamente grati."
"Non è così semplice."
"Non lo è per te, vuoi dire. Non ce la fai, vero, a seguire le regole?"
"Se almeno mi presentassero chi le ha scritte..."
"A parte gli scherzi, Jeff, lascia stare. Le previsioni sono tutt'altro che rosee."
"Allora forse è mio dovere almeno beccare i ragazzi, no? Avvisarli, che so?"

Daniel ridacchiò sulla sedia e allungò una copia del rapporto Morello a Jeffrey.

"Tieni. Fai pure di testa tua. Ma lascia che ti dica una cosa, questa volta rischia di diventare troppo anche per mamma chioccia. Ricordatelo."
"Lo farò. E comunque conto di sganciarmi un attimo prima dell'iceberg."
"Dicono tutti così."
"Credo anch'io. Grazie Dan, ci vediamo."
"Aspetta. Thompson, il corriere. Ho sentito dire che è stato visto al Crystal, da quelle parti là. Tu prova."
"Grazie. Lo farò. E' l'ultimo della lista."
"Ciao Jeff. E preparati a bagnarti i piedi."

Una mezz'ora dopo, Jeff era all'hotel Crystal, a lasciare un appunto alla figlia del proprietario.
Thompson era una pedina importante del suo manipolo di cantastorie, come li chiamava lui. Era in forti rapporti con i Masseria e faceva il corriere dal Bronx fino a Staten Island. Era molto bravo a vendere solo le informazioni meno scottanti, ma regalava sempre ottimi punti di vista. Jeffrey sapeva che molte informazioni sui traffici dei Masseria passavano da lui e, ogni tanto, gli chiedeva qualche dritta sicura. A caro prezzo, beninteso.

Saitta sbucò da dietro la reception con il registro dei clienti, lo aprì sul bancone e iniziò a cercare.

"Thompson. Sì, è stato qui."
"Quando?"
"Fino a l'altro ieri."
"Le ha detto perché se ne andava?"
"No, mi spiace."
"Mmm. Le è sembrato che fosse di fretta?"
"Direi proprio di no. Aveva già saldato il conto. Il primo giorno."
"Aveva già saldato?"
"E' così."
"E quanto e rimasto qua da voi?"
"Cinque giorni."
"Mmm"

L'albergatore si sporse su bancone per cercare di capire cosa stesse guardando il suo interlocutore.

"Signor Santini?"

Ma quello continuava a fissare il mobile, per traverso.

"Signor Santini?"
"Sì?"
"Tutto bene?"
"Sì sì. Stavo... Per caso ha lasciato qualcosa? Magari da recuperare in seguito?"
"In effetti, sì, signor Santini. Ma è una cosa privata."
"Certamente. Mi chiedevo solo se ci fosse modo di renderla un po' più accessibile."
"Non credo, signor Santini. Questa è attività rispettabile."
"Non lo metto in dubbio."
"Bene. Perché altri inviti di questo tipo non saranno tollerati."
"E' stato chiarissimo, signor Saitta. La saluto."

Jeffrey uscì nel caldo umido della strada, proteggendosi gli occhi dal riverbero dell'asfalto.
Stava per chiamare un taxi, quando la figlia del proprietario del Crystal lo raggiunse e lo trattenne.

"Credo che le interessi."

Reggeva una piccola busta sigillata, tutta bianca.

"Tuo padre se la prenderebbe, temo."
"Mio padre è un ingenuo."

Jeff si piegò a studiare meglio il volto della ragazza.

"Quel tizio che lei sta cercando. Era spaventato a morte quando arrivò da noi."
"Ti ha detto qualcosa?"
"Solo di stare attenta ai clienti. L'ho fatto. Sono stata attenta anche a lei, e credo che sia venuto per aiutarlo."
"Cosa te lo fa pensare?"
"Il fatto che ha domandato di lui e non di questa lettera."

Jeffrey sorrise e si mise in tasca la busta.

"Come ti chiami?"
"Sara."
"E' stato un piacere, Sara."
"Arrivederla."

Durante il tragitto nel taxi, Jeffrey studiò lo strano messaggio che gli era caduto tra le mani.
Era firmato P.T. Poteva essere Philip Thompson come qualunque altra cosa.
Il resto era ancora meno decifrabile.

Il tempo stringe.
Resterò nascosto dalle parti della W 48th St. ancora per un po'.
Gli altri sono già andati. Sono l'ultimo.
Quello ci ha intrappolati come topi e ora ci sta mangiando uno ad uno.


Jeffrey mise via il biglietto e dirottò il taxista.


"Ho cambiato idea. 48th west, grazie."
"Hell's Kitchen?"
"Hell's Kitchen."

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