All'inizio, quella che fu definita come la seconda più grande rivoluzione, dopo l'invenzione del computer, fu accolta dal grande pubblico abbastanza tiepidamente. In effetti non si trattava di una grossa novità, dal momento che l'utilizzo di sostanze chimiche per influenzare gli aspetti emotivi dell'esistenza apparteneva ad una lunga tradizione di ricerca quasi “alchemica”, che sfociava nei grandi successi ottenuti in campo farmacologico.
Tuttavia, la vera rivoluzione fu di tipo concettuale, più che tecnologica, mediata comunque da grandi scoperte scientifiche. Le multinazionali responsabili del progetto, oltre a finanziare la ricerca per una mappatura completa della relazione tra ghiandole endocrine, generatrici di stati d'animo, e particolari sostanze sintetiche, progettarono un planning mediatico per convincere le masse che le emozioni di ciascuno erano qualcosa di catalogabile e, sopratutto, di perfettamente riproducibile e controllabile. Lo scopo finale era ovviamente il commercio su larga scala delle sostanze che rendevano possibile il miracolo. I mass media cominciarono a parlare del fenomeno in una forma sempre più familiare, ribattezzando le sostanze con il nome di “cocktail”, e se ne iniziò la produzione su larga scala.
Come era prevedibile, i primi che ne fecero uso furono gli eserciti dei paesi più industrializzati, che utilizzavano queste sostanze per spingere i soldati ad atti di coraggio (o di sconsiderata spietatezza) o per sopportare dolore e fatica. Tuttavia, una commercializzazione civile su larga scala non era ancora possibile perchè le sostanze, che dovevano raggiungere i relativi organi in dosi precise, andavano iniettate con delle siringhe, e la maggior parte delle persone non lo tollerava, paragonandone l'utilizzo a quello dell'eroina.
Le multinazionali trovarono presto una soluzione al problema inventando la microcapsula emosolubile, che permetteva di assumere le sostanze direttamente per via orale. La capsula infatti era in grado di resistere ai succhi gastrici e, una volta nell'intestino, passava nei villi. A contatto con le proteine contenute nel sangue l'involucro si scioglieva, rilasciando in questo modo le sostanze direttamente nell'apparato circolatorio e da lì all'organo interessato. Niente più iniezioni, quindi.
Presentato in questa forma, il prodotto ebbe grande successo di pubblico, come ci si poteva aspettare. D'altronde dopo una massiccia campagna mediatica, tutti vedevano in queste sostanze la possibilità di controllare le proprie emozioni e quindi gestire al meglio la propria vita.
La campagna mediatica venne fatta con grandi risorse, e con un grande impatto sul pubblico. I cocktail venivano catalogati in base alle reazioni emotive che stimolavano, reazioni emotive limitate ad una gamma stereotipata ma in grado di soddisfare praticamente tutte le richieste, in modo che chiunque potesse ritrovarsi in almeno una delle emozioni presenti in catalogo. Le persone compravano questi cocktail direttamente nei grandi supermercati e potevano addirittura avventurarsi tra miscugli personalizzati: quello per le persone più ansiose, quello per chi vuole addentare la vita e lasciare il segno, chi vuole intrattenere piacevoli conversazioni, chi vuole amare, chi vuole sentirsi tutt'uno con gli altri. Per i più arditi vennero proposti kit “fai da te” dove ognuno poteva miscelare le sostanze in base alla proprie preferenze.
L'uso di questi cocktail non subì proibizioni e, anzi, venne largamente incentivato, perché permetteva di migliorare sensibilmente le prestazioni e la produttività. C'erano cocktail per potenziare l'apprendimento, per migliorare le relazioni con il prossimo, per il rendimento lavorativo e per quello sportivo.
Venne addirittura commercializzato il cocktail della fede, che levava di mezzo l'odioso senso del dubbio e donava un senso di fiducia generale e incondizionato verso la Parola. Per par condicio, anche il cocktail per gli atei, che bloccava sul nascere qualsiasi forma di speculazione metafisica.
In una società del genere perse presto senso l'utilizzo di droghe tradizionali. Astrologi, psicologi e cartomanti erano i nuovi disoccupati, ora che chiunque era in grado di decidere fin dal mattino quale stato d'animo portarsi addosso per il resto della giornata.
Inventare nuovi cocktail divenne un business, nacque rapidamente la concorrenza e i prezzi delle sostanze si abbassarono drasticamente, trasformando così la scoperta scientifica in un fenomeno di costume, e infine in una necessità.
Finalmente con una spesa minima le persone potevano esprimere loro stesse in base a desideri e aspirazioni personali, relazionandosi col mondo esterno secondo l'emozione, o la sensazione, in cui si identificavano maggiormente. Finalmente l'umanità aveva trovato un elisir, e le persone erano soddisfatte, ora che potevano sentirsi felici o tristi a comando.
Le persone ora erano felici.
Le persone ora erano tristi.
A comando.
Tuttavia, la vera rivoluzione fu di tipo concettuale, più che tecnologica, mediata comunque da grandi scoperte scientifiche. Le multinazionali responsabili del progetto, oltre a finanziare la ricerca per una mappatura completa della relazione tra ghiandole endocrine, generatrici di stati d'animo, e particolari sostanze sintetiche, progettarono un planning mediatico per convincere le masse che le emozioni di ciascuno erano qualcosa di catalogabile e, sopratutto, di perfettamente riproducibile e controllabile. Lo scopo finale era ovviamente il commercio su larga scala delle sostanze che rendevano possibile il miracolo. I mass media cominciarono a parlare del fenomeno in una forma sempre più familiare, ribattezzando le sostanze con il nome di “cocktail”, e se ne iniziò la produzione su larga scala.
Come era prevedibile, i primi che ne fecero uso furono gli eserciti dei paesi più industrializzati, che utilizzavano queste sostanze per spingere i soldati ad atti di coraggio (o di sconsiderata spietatezza) o per sopportare dolore e fatica. Tuttavia, una commercializzazione civile su larga scala non era ancora possibile perchè le sostanze, che dovevano raggiungere i relativi organi in dosi precise, andavano iniettate con delle siringhe, e la maggior parte delle persone non lo tollerava, paragonandone l'utilizzo a quello dell'eroina.
Le multinazionali trovarono presto una soluzione al problema inventando la microcapsula emosolubile, che permetteva di assumere le sostanze direttamente per via orale. La capsula infatti era in grado di resistere ai succhi gastrici e, una volta nell'intestino, passava nei villi. A contatto con le proteine contenute nel sangue l'involucro si scioglieva, rilasciando in questo modo le sostanze direttamente nell'apparato circolatorio e da lì all'organo interessato. Niente più iniezioni, quindi.
Presentato in questa forma, il prodotto ebbe grande successo di pubblico, come ci si poteva aspettare. D'altronde dopo una massiccia campagna mediatica, tutti vedevano in queste sostanze la possibilità di controllare le proprie emozioni e quindi gestire al meglio la propria vita.
La campagna mediatica venne fatta con grandi risorse, e con un grande impatto sul pubblico. I cocktail venivano catalogati in base alle reazioni emotive che stimolavano, reazioni emotive limitate ad una gamma stereotipata ma in grado di soddisfare praticamente tutte le richieste, in modo che chiunque potesse ritrovarsi in almeno una delle emozioni presenti in catalogo. Le persone compravano questi cocktail direttamente nei grandi supermercati e potevano addirittura avventurarsi tra miscugli personalizzati: quello per le persone più ansiose, quello per chi vuole addentare la vita e lasciare il segno, chi vuole intrattenere piacevoli conversazioni, chi vuole amare, chi vuole sentirsi tutt'uno con gli altri. Per i più arditi vennero proposti kit “fai da te” dove ognuno poteva miscelare le sostanze in base alla proprie preferenze.
L'uso di questi cocktail non subì proibizioni e, anzi, venne largamente incentivato, perché permetteva di migliorare sensibilmente le prestazioni e la produttività. C'erano cocktail per potenziare l'apprendimento, per migliorare le relazioni con il prossimo, per il rendimento lavorativo e per quello sportivo.
Venne addirittura commercializzato il cocktail della fede, che levava di mezzo l'odioso senso del dubbio e donava un senso di fiducia generale e incondizionato verso la Parola. Per par condicio, anche il cocktail per gli atei, che bloccava sul nascere qualsiasi forma di speculazione metafisica.
In una società del genere perse presto senso l'utilizzo di droghe tradizionali. Astrologi, psicologi e cartomanti erano i nuovi disoccupati, ora che chiunque era in grado di decidere fin dal mattino quale stato d'animo portarsi addosso per il resto della giornata.
Inventare nuovi cocktail divenne un business, nacque rapidamente la concorrenza e i prezzi delle sostanze si abbassarono drasticamente, trasformando così la scoperta scientifica in un fenomeno di costume, e infine in una necessità.
Finalmente con una spesa minima le persone potevano esprimere loro stesse in base a desideri e aspirazioni personali, relazionandosi col mondo esterno secondo l'emozione, o la sensazione, in cui si identificavano maggiormente. Finalmente l'umanità aveva trovato un elisir, e le persone erano soddisfatte, ora che potevano sentirsi felici o tristi a comando.
Le persone ora erano felici.
Le persone ora erano tristi.
A comando.
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