E sì che la giornata prometteva bene, maledizione. Uno di quei lunedì inspiegabili, favolosi, e molto molto rari. Di quelli che ti alzi e hai voglia di fare, forcare e brigare, che ti senti immortale. Assolutamente e miracolosamente bene, quindi. Fin troppo, anche.
In effetti, con il senno di poi, avrei dovuto sospettare qualcosa. Dare ascolto ai campanellini di emergenza, innescati proprio per prevenire queste cose. E, invece, non ci ho badato. Mi sono rilassato, facendomi beccare senza difese. Anche solo due ore fa non l'avrei mai detto, cazzo. Non l'avrei mai detto che avrei passato il pomeriggio in commissariato.
Adesso stanno interrogando il Malva. E' dentro da un po'. Probabilmente faticano ad accertagli la sanità mentale. Buon per lui. Alla fine si rischia molto meno.
Io invece mi sento e sembro sanissimo, merda, e quindi massimo della pena.
E tutto per un maledetto picco di testosterone di due testedicazzo.
Anche se un piccolo concorso di colpa c'è eccome, devo essere onesto. Anche a me, cosa cazzo mi viene in mente di beccarmi con il Malva in pausa pranzo? Contaminare una giornata potenzialmente perfetta. E' come imbattersi per puro culo in un'oasi nel deserto e decidere, prima di tutto, prima ancora di bere, di cagare dentro il pozzo. Non so perché avessi l'impellenza di rendere partecipe il Malva di quella mia euforia. Forse è masochismo latente. Un perverso rifiuto di benessere.
Eccolo che esce, rilassato. Manco fosse stato in spiaggia.
"Allora?"
"Pagliacci."
Oh, no. No. Che cazzo gli avrà detto?
"Va beh, ma che ti hanno chiesto?"
"Ma niente."
"Senti è meglio se mi dici come è andata. Adesso tocca a me."
"La pianti di cagarti in mano? Voglio solo farti confermare i fatti."
"Malva, mi spieghi che cazzo confermo se non so nemmeno cosa gli hai rifilato."
"Adesso non mi ricordo i dettagli, ok? Basta che non gli dici della gomma. Punto."
"Sì, quello ok, ma come gli hai detto che è finita, allora?"
"Che siamo andati in pace, nel nome di Cristo."
Oggesù.
"Divertente. Sei un coglione, Malva. Lo sai, sì?"
"Ah ah. Piantala e rilassati. Andrà bene."
Quello che mi preoccupa, infatti, è la sua definizione di "bene".
"Senti, forse è meglio lasciare stare, dai."
"Cazzo dici?"
"Massì, dai, tanto non ti fanno niente."
"Oh vaffanculo, eh? Mon mi farai mica l'infame?"
"Madonna, Malva, manco fosse il processo ai casalesi!"
"No, no, il cazzo! Sei il mio testimone, te!"
"Semmai, un testimone, ma vabbè..."
"Cioè mi molli su più bello? Bell'amico, sei! A parte che ci sei dentro anche te ormai."
Ora mi sembra di avere un punto di domanda, grondante sangue, sopra la testa. Ho reso l'idea?
Azzardo un "perché?" un po' incerto. Davvero, fa niente se non c'è la risposta. Anzi...
Ma quella arriva. Altro che se arriva.
"Beh, gli ho detto che il tizio ha insultato prima te e io ti ho solo trattenuto."
E parte il fischio, esattamente come mi aspettavo. Il fischio dei film di guerra, quando ti saltano le granate vicino. Il Malva continua a parlare ma, ovviamente, io non sento niente. Tutto ovattato, attutito. Il sistema nervoso che ci rinuncia perché così è davvero troppo.
"...embrava un buona idea. Ma no preoccupe, eh? Non ti ho messo mica nella merda."
Non ti ho messo mica nella merda. Meno male. E io che cominciavo a preoccuparmi.
"Scusa Malva, che hai detto?" Mi ero perso la prima parte, forse era importante.
"Che devi stare sereno!"
"Sì..."
"Capito?"
"Sì..."
"Non ti devi prendere male!"
"No..."
"E comunque sappi che, senza di te, io non potrei mai..."
Arriva! Ritorna la vita! Ce la faccio! Arrivaaaaaa!
"MALVAAAAAA!! COSA CAZZO HAI FATTO?!?!"
Lui si ferma un attimo. Ha la faccia di uno che scopre a cinquant'anni come si fanno i bambini.
"Eh?"
"Dio, non ci posso credere!"
"Ma che hai, adesso?"
"Cazzo, no!"
"Si può sapere che hai?"
Un paio di agenti si sono voltati a guardarci. Li osservo, sbirciando tra le dita.
"Te." Sospiro, alla fine, con la faccia tra le mani.
"Ho te, ecco cosa."
Il Malva rimane interdetto. Mi guarda come se gli avessi appena dimostrato che la merda è profumata.
"Scusa, non ti capisco."
"Zitto, sto pensando."
"Ok. Però guarda che se..."
"Zitto Malva! Devo rimediare a sto casino immane. Devo..."
"Avanti. Il testimone."
Guardo il Malva, terrorizzato.
Lui è così rilassato che potrebbe levitare da un momento all'altro.
Mi fa di sì con la testa e mi indica l'ufficio di fronte.
"Vai bello. Mi raccomando, eh?"
Gli dico ok. Mando giù ed entro.
Racconto la mia parte, cercando di evitare gli sguardi dei poliziotti.
Torno fuori e trovo il Malva esattamente dove lo avevo lasciato, non si era mosso di un millimetro.
"Fatto."
"Bella. Tutto a posto?"
"Più o meno..."
"Cioè?"
"Non hanno creduto a tutto."
"Cazzo! Quindi?"
"Ma niente, dovrai pagare una multa e finita lì."
"Come una multa, ma cazzo. Che ho fatto mai?"
Come che ho fatto mai? Ma è scemo vero, allora.
Al che decido di fare un tentativo. Perso per perso.
Vediamo se ce la fa...
"Malva. Fammi capire. Sei davvero convinto di avere fatto una cosa normale oggi."
"Beh..."
"Cioè, tu ti metti a litigare per strada, con uno in macchina, in mezzo all'incrocio, nel casino di Milano, all'ora di pranzo, e quando quello ti risponde da stronzo, tu che fai?"
"Che faccio?"
"Invece di mandarlo a fan culo e mollarlo lì, ti avvicini, TI APRI LA PATTA E GLI PISCI SULLA GOMMA?!?! "
"Almeno ammetterai che la macchina era un cesso. Si rischia di sbagliare mira."
A quel punto mi fermo e arrivò alla verità.
E torno alla risoluzione del concorso di colpa, all'oasi e a quel pozzo.
Al mio errore. Alla umana natura del contaminare tutto il possibile.
A quella stramaledetta cagata nel deserto.
Alla fine, me misero, il Malva ha solo seguito il mio esempio.
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