"...probabilmente i bassifondi più infimi e sporchi della città."
Questo commento era parte di un articolo di cronaca nera apparso sul New York Times, il 22 Settembre 1881. Una storia macabra di omicidi seriali. Nel pezzo, il quartiere teatro dei delitti, veniva nominato come Hell's Kitchen, la cucina dell'inferno.
Jeff pagò il taxista e scese in strada.
48th West. Non c'era niente che attirasse la sua attenzione. Nulla fuori posto. Niente di strano. Niente di niente. Non aveva un vero e proprio indirizzo. Sul biglietto era annotato solo il nome di quella via. Nessun numero civico o altre indicazioni. Di fatto non serviva a niente.
Jeffrey tirò a sorte sulla direzione da prendere e cominciò a incamminarsi, un po' arrendevole.
Dovette proprio capitarci davanti, dopo un bel pezzo, per ricordasi della bottega di Sal. Stava per passare oltre, senza accorgersene, se non fosse stato per quel tizio sbattuto fuori in malo modo.
"Fuori dai piedi, coglione!"
"Non ti vogliamo rivedere qui nel mid!"
"Vattene!"
Tre energumeni avevano appena gettato fuori da un portone un tipo malmesso, magro e trasandato. Uno dei tre stava chiamando un taxi.
Jeff, dall'altra parte della strada, si fermò a guardare la scena e, inconsciamente, riconobbe sullo sfondo la drogheria di Salvatore Ceccoli, detto Sal. Uno del giro italiano da un pezzo.
Il tizio malmenato saltò dentro al taxi senza farsi pregare e si fece portare via.
I tre giganti si guardarono un po' attorno con sufficienza e rientrarono nel locale.
Sal, pensò Jeff. Se c'è uno che può parcheggiarti su una buona pista, da queste parti, quello è lui.
"Sal. Ma come diavolo ho fatto a dimenticarmi del cuoco?" Si chiese Jeff, con un leggero disappunto.
Il cuoco di Hell's Kitchen, naturalmente. Lo chef. Quello che conosceva gli ingredienti di ogni storia che appartenesse al suo quartiere. Storie crudeli, violente, di morte, come era naturale per un cuoco dell'inferno. Non era un tipo melodrammatico, questo no, ma quel suo soprannome gli piaceva, e se lo teneva cucito addosso, come un distintivo. Sperava che il Diavolo apprezzasse qualcuno che conosceva bene tutti i suoi gusti.
"Che vuoi?"
"Sono Santini, del Times. Vorrei parlare con lo chef."
"Non c'è. Vattene."
"Non c'è? E allora lo smilzo di prima come ha fatto a farlo incazzare?"
"Non sono affari tuoi."
Jeff tira fuori il taccuino e scarabocchia qualcosa.
"Tieni. Dallo al tuo capo da parte mia."
"Il mio capo non ha tempo per queste cose."
"Credimi, ferebbe meglio a trovarne un po'..."
Il colosso all'ingresso prende in mano il foglietto e poi torna a fissare Jeff.
"Chi devo dire?"
"Santini. Jeffrey Santini del Times. Mi conosce."
"Resta qui."
Dopo un po' il portone si riapre e Jeff viene accompagnato dentro.
"Jeff. Quanto tempo."
"Sal."
"Sei passato ad assaggiare il vecchio Salvo?"
"In un certo senso."
"Siediti. Bevi qualcosa?"
"Gin. Grazie."
"Arriva subito."
"Senti, Sal..."
Da dove si comincia?
"...sono passato anche per un'altra faccenda."
"Jeff, che fai? Non devi mica fare lo stronzo qua da me, lo sai."
"No, è solo che..."
"Cosa credi? Lo so benissimo perché sei qui!"
Jeff si bagnò le labbra con un'ombra di liquore e fissò Sal.
"Sei qui per Phil, vero?"
Jeff non rispose. Sapeva che la sua espressione inclinata era fin troppo eloquente.
"Phil Thompson, Giusto? Il buon vecchio Phil."
"Quando è successo?"
"Non molto tempo fa."
"Dio..."
"Andiamo Jeff, chiudila qui eh?"
"Lui era l'ultimo."
"Sono tempi duri."
"Ma come... Voglio dire, che cosa ha fatto?"
"Ah no, amico. Non funziona proprio così. Lo sai."
"Sal, Philip era un mio amico, per la puttana. Lavorava con me."
"Anch'io lo conoscevo bene, che credi? Ma questo non mi autorizza affatto a rompere gli schemi."
"Non sono riuscito ad aiutarlo in tempo, a salvarlo, e tu mi vieni a parlare di schemi e di regole?"
"Proprio così figliolo, e sai perché? Perché rappresentano l'unica via di scampo in tutto questo caos."
Jeff usciva sempre dagli incontri con il cuoco con un sapore amarognolo in bocca. Un lieve aroma di sangue accompagnava spesso le loro rimpatriate. C'era sempre una vittima, da piangere o compatire.
Carne morta, dimenticata nella pentola del demonio, senza mai un coperchio, per dare spettacolo.
Era sempre così. Ogni tipo di confronto vegetariano era escluso.
Prima di lasciare la bottega, Jeffrey si fece dare l'indirizzo del medico legale incaricato dell'autopsia del corpo di Thompson. L'operazione era prevista per il tardo pomeriggio. Non aveva voglia di assistere, naturalmente, ma di sentire le prime impressioni dell'anatomo patologo.
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