domenica 13 marzo 2011

Jeff Santini - #6 - Di rose e di spine

Era passata un'intera settimana di niente, prima che accadesse di nuovo.
Il Lupo aveva colpito ancora.
Jeff stava andando proprio sul luogo del delitto, quando lo fermarono.
Erano in tre, ma lui non li vide tutti subito.
Era appena sceso dal taxi, si era fatto lasciare sul retro dell'edificio, per non farsi vedere entrare nella centrale di polizia del capitano Loyd. Non aveva idea di essere stato seguito.
L'idea era di passare dal suo amico, prima di recarsi sul posto, per poter avere l'autorizzazione a ficcanasare in giro. Aveva ricevuto la soffiata di quel nuovo omicidio da un anonimo e non voleva rischiare di giocarsi quella pista per una leggerezza. Voleva il lasciapassare di Loyd.

Stava per entrare quando si sentì chiamare.

"Santini!"

Jeff si voltò a scrutare il vicolo, in direzione della voce.

"Chi c'è?"
"E' il signor Santini? Jeff Santini, del New York Times?"
"Chi parla?"
"Risponda."

Jeff si girò verso la porta e valutò se tentare la fuga all'interno dell'edificio. Tuttavia, con tutta probabilità era chiusa a chiave e quel tizio poteva essere armato. Lo avrebbe preso subito e in zona non c'era nessun altro. Gran bella idea ficcarsi lì dietro. Probabilmente il suo uomo aspettava solo che si isolasse abbastanza da poterlo avvicinare in sicurezza. Maledizione, pensava Jeff, la porta principale sarà anche più in vista, ma regala sempre un gran sicurezza.

"Risponda. E' lei Jeff Santini?"
"Sono io."

Il giornalista si voltò lentamente, rassegnato a fronteggiare il suo interlocutore. Cercava di pensare rapidamente ai possibili sviluppi di quella situazione e, contemporaneamente, a cercare altre vie di fuga.

"Venga con me."
"Per andare dove."
"Da nessuna parte, ho bisogno che salga in macchina."
"Che cosa volete."
"Di questo ne parleremo strada facendo."

Altri due uomini sbucarono fuori da un anfratto del vicolo e si diressero verso Jeff.
Una macchina lo stava aspettando, in fondo alla strada.

L'autista aprì la portiera e Jeff fu invitato all'interno.

"Allora, gradisce qualcosa da bere?"
"No, grazie."

Jeff si guardò intorno e, finalmente, riconobbe l'uomo misterioso.

"Mi chiamo Sean Braddok, lavoro per il signor Maranzano."
"So chi è lei, signor Braddok. Curare gli interessi di Don Maranzano garantisce una certa popolarità."
"Mi fa piacere. Sarà più facile spiegarle il problema."
"Che problema?"
"Il suo problema, signor Santini."
"Il mio problema?"
"Esattamente."
"Le assicuro che sto benissimo."
"Non lo metto in dubbio. Talmente bene da trovare le energie per andare ben oltre il suo dovere."
"Che intende dire?"
"Lo sa."
"Mi spiace di deluderla ma, vede, noi giornalisti siamo bravi a sembrare sempre più perspicaci degli altri."
"Scommetto che, se si sforza, ci arriva benissimo."
"Faremmo prima se me lo dicesse lei."
"No. So per esperienza che, se uno ci arriva da solo, poi non se lo dimentica più."

Jeff squadrava il signor Braddok, inclinando la testa verso il finestrino.

"Non starà parlando delle mie indagini, spero."
"Ha ragione, sembrate molto perspicaci."
"Le mie indagini sui vostri giri sono solo una facciata, credevo foste addirittura voi i miei datori di lavoro."
"Infatti è così."
"E allora che cosa volete da me? Le indagini non procedono forse come vorreste?"
"Al contrario! Sta facendo un ottimo lavoro. Per questo motivo vorremo che lasciasse perdere le distrazioni."
"Le distrazioni?"
"O tentazioni, se preferisce."

Jeff rimase un attimo in silenzio e poi realizzò.

"Il Lupo?"
"Il Lupo."
"Non volete che mi interessi al caso? Perché?"
"Diciamo che non è affar vostro. Le deve bastare."
"Ma come mai? Questa pista non compromette il mio lavoro."
"Ne è sicuro?"
"Certo! Gli articoli sui vostri affari usciranno puntuali per forza di cose. Di fatto non ho nulla da scrivere."
"Questo è vero. E ce ne rallegriamo tutti."
"Allora qual'è il vero problema."
"Vede signor Santini, la sua passione per il suo lavoro l'ha condotta spesse volte ad esagerare."
"Senta, la smetta di girare intorno all'argomento. Sono stanco. Cosa c'è che non va?"
"Il Lupo è nostro. Lo dobbiamo beccare noi."
"Si accomodino."
"Faccia poco lo spiritoso. Un solo articolo basterebbe a metterlo in allarme, e questa cosa non deve accadere."
"Ma che sta dicendo? Hanno già scritto del Lupo e, se è per questo, è già diventato un caso giornalistico!"
"Sì. Ma, dopo quello che è successo ieri sera, nessuno dovrà più interessarsene. New York si deve dimenticare tutto."
"Perché? Cosa è successo?"
"Quell'infame ha toccato la persona sbagliata."
"L'omicidio di ieri notte?"
"Esatto."
"Era uno dei vostri?"
"Come tutti gli altri."

L'automobile si accostò al marciapiede e si fermò.

"Lei è arrivato, signor Santini. Le suggerisco caldamente di seguire le nuove direttive e di dimenticare il nostro incontro."
"Un momento. Il Lupo gioca per i Masseria?"
"Non ci siamo, signor Santini. Questo non è lo spirito che apprezziamo noi. Torni a casa e pensi al nuovo pezzo per rabbonire la Grande Mela. Stia fuori da questa storia."
"Posso scrivere quello che volete, ma non posso cancellare l'evidenza dei fatti. Se vi mettete a fare la guerra ai Masseria, ci penserà tutto il sangue che verserete a sostituire l'inchiostro."
"Sappiamo anche essere discreti, mi creda. Ma i Masseria impareranno a riconosce le rose dalle spine. Arrivederla, signor Santini. Non si disturbi a contattarci, in qualsiasi caso, sappiamo dove trovarla."





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