mercoledì 2 marzo 2011

Ritmo da vendere

"Guarda che dovevi girare là."
"Lui dice di no."
"E' la terza volta che passiamo di qua, Malva!"
"E allora cerca le venti piccole differenze, non so che dirti!"
"Forse dovremmo lasciare perdere il Tom Tom e chiedere, no?"
"A chi?"
"Ma non lo so, al primo che passa."
"In questo buco di culo non c'è nessuno."
"Facciamo così: il primo che becchiamo lo fermiamo."

Siamo in macchina da più di un ora, cercando l'indirizzo dell'acquirente della suddetta. Il Malva vuole sbarazzarsi della ritmo. L'auto cade a pezzi e lui si è stancato che i cocci siano suoi.

"Però è proprio bellina."
"Chi?"
"No, dico, questa macchina. Mi è sempre piaciuta."

Il Malva raccoglie i complimenti sempre in silenzio. Guarda fisso avanti e fa orecchie da mercante,
però abbassa di un poco l'autoradio.

"Io non la venderei."
"Mi serve il cash."
"Eh, vabbè... La tieni come auto d'epoca e poi vedi come ti sale il valore."
"Troppo sbatti."
"Ma poi, scusa, con questo tizio come sei d'accordo?"
"Che oggi concludiamo."

Chissà come ma, quando il Malva usa la seconda plurale, il mio sistema difensivo si allerta.
Anche abbastanza giustamente, direi, visto i precedenti.
Non sai mai a chi si riferisca questo "noi". Meglio chiarire.

"Concludete, tu e sto tizio, no?"
"No. Poi viene anche Madonna, passa a farci un pompino ad affare concluso."

Sempre sottile.

"...capito."

Meglio così.
Questa volta sono solo un passante, un testimone.
Non è male, in quest'ottica. Come quando stai a guardare il temporale dalla finestra e, per quanto possa impegnarsi,  tutto quel casino non ti può toccare.

"Ma quindi non avete parlato di soldi."
"No."
"Quanto pensi di chiedergli?"
"Boh... Proverò a spingere un po'."
"Mmm."
"Poi vediamo. Dipende anche se si beve la tua recita."

STOP

Un attimo solo. Solo un secondo.
Come ha detto?
Da che dipende, anche?
Ho capito bene?
Dite che farei meglio ad approfondire?
Forse sì.

"Scusa non..."
"Eh?"
"Non..."
"Cosa?"
"Non ho afferrato."
"Non hai afferrato che?"
"La storia della recita."
"Che recita?"

Ommioddio, come nei psyco thriller. Adesso sta a vedere che me lo sono immaginato.

"Prima hai detto che dipende da una recita. Che recita?"
"Aaah. La tua, no?"
"La mia?"
"Oh, sveglia. Te lo scritto ieri sera."
"..."

Tre puntini di sospensione. Giuro, non saprei dire di meglio.

"Non mi è arrivato niente, ieri sera."
"Ma come no? Quando sono tornato a casa ti ho scritto su faccialibro tutto il piano preciso."
"Strano."
"Me lo ricordo, guarda. Saranno stare le tre, tre e mezza."
"Eh?"
"Massì, giù di lì."
"Ma hai detto ieri sera!"
"Sì, esatto."
"Ma scusa, le tre di notte?"
"Sì."
"Le tre?"
"Sì."
"Cioè tu mi scrivi alle tre di notte cose riguardanti la mattina dopo? O la mattina stessa, ad essere onesti."
"Oh, adesso non fare il nonno!"
"Ma non fare lo stronzo tu, Malva. Non fare lo stronzo, ogni volta, cazzo."
Detto con un po' di groppo in gola, lo ammetto.
"Ellamadonna. Chettincazzi?"

A quel punto mi abbandono su quel sedile sparco, tamarrissimo, voluto dal Malva, prima di una vacanza a Rimini, rinunciando a capire, ancora una volta, quale dinamica orribile avrebbe dettato legge nelle lande desolate del Malva.

"Guarda che non devi dire niente di speciale!"
"E lo credo bene, cazzo! Stai vendendo una ritmo, mica una partita di droga!"
"Minchia ma magari! Potremmo fare, per così dire, qualche passo verso l'illegalità, ogni tanto."
Lo fisso senza speranza.
"Guarda, Malva, anche solo accompagnarti al cesso dovrebbe essere già illegale!"
"Ah ah! Dai che siamo arrivati!"
"Come arrivati? Dove siamo?"
"Eh, ci siamo quasi!"
"Ma come diavolo fai a saperlo?"
"Ci sono già stato da queste parti, ho fatto qualche trasferta."
"E non me lo dici? Cazzo, Malva, stiamo girando da un'ora!"
"Fino a che non trovo qualcosa che mi ricordo..."
"Chissà che cazzo avrai visto, allora."
"Dai, piantala che parcheggiamo."
"Aspetta, aspetta! Alla fine non mi hai detto cosa devo dire!"

No, no! Così fai il suo gioco, cazzo! Perché gli hai ricordato il piano? Idiota! Idiota!

"Ma quindi mi vuoi dire che davvero non hai letto niente?"
"No! Minchia Malva, ma mi ascolti? Non ne so un cazzo di questo tuo piano di merda!"
"E' un buon piano!"
"Ma poi per una cazzo di ritmo antelucana!"
"Prima hai detto che ti piaceva."
"Esatto! E adesso non la voglio più vedere! Mi ha già fatto incazzare troppo, oggi."
"Non c'è l'ha con te, piccola. Fa il finocchietto ma, sotto sotto, vorrebbe scolpirsi a mia immagine e somiglianza!"
"Ecco, bravo! Parla con la macchina, va'. Sicuramente avrete un gran rapporto, visto che ogni volta che ci sono salito, non ho mai capito bene chi dei due stesse guidando chi."
"Te la sogni la mia guida, bello."
"Quando mangio pesante, forse... Un posto! Fermati là."
"Si paga."
"Capirai! Venti centesimi la mezz'ora. E' un cazzo."
"No. Mi scoccia."
"Dai, Malva. Voglio scendere! Lo pago io."
"Ma figurati! Mi scoccia ancora di più!"
"No, davvero, mi fa piacere."
"None!"
"Dai, sul serio, ti offro il parcheggio, eh?"
"Fai sul serio?"
"Sì."
"Ma davvero?"
"Minchia, Malva, sì! Sono venti centesimi del cazzo! Un euro se va male male male!"
"Ok, se sei così sicuro..."
"Bella! Dai parcheggia, vado a fare il biglietto."
"Ok, ti aspetto."

Ho sempre l'impulso di dirgli "non toccare niente!", ma poi mi sento paranoico e lascio stare.
Mentre sono alla colonnina del parchimetro a cacciare dentro le monetine, avverto l'istinto primordiale di alzare lo sguardo puntarlo verso il Malva. Non so che cosa sia. Un riflesso, forse. Sicuramente qualcosa che ha a che fare con l'autoconservazione.
Vedo il Malva da lontano, che parla con un tizio. Ogni tanto si volta verso di me, mentre parla, e, ogni volta che lo fa, mi trema la pancia. E, come se non bastasse, mi indica un paio di volte.
E' troppo. Sarebbe sano intervenire.
Prendo su il biglietto del parcheggio e mi avvicino ai due.
Cominciano ad arrivarmi stralci di frasi.

"...lo so, lo so. Non è molto a posto."
"Mio dio, certo che no!"
"Eh vabbè, che ci si può fare?"
"...ma aveto provato a..."
"...provato, provato. Ma non si è..."
"...poveretto..."
"...non è pericoloso, in realtà..."

Mi avvicino. Aumento il passo, terrorizzato dal senso compiuto che presto avrebbe assunto quel discorso ora frammentato.

"...per questo la voglio vendere, guardi."
"...capisco, con una situazione così."
"Non ce la si fa più!"
"Capisco. Certo."

Sono arrivato. Quelli hanno appena smesso di parlare, ma io sono qui.
Mi guardano un po' incerti.

"Allora... Lei deve essere l'acquirente, molto piacere."
"Piacere mio. E mi dispiace molto, sa?"
"Prego?"

Ho un punto di domanda sulla testa. Si vede?

"Sì, non si preoccupi, il suo amico mi ha raccontato di lei e questa auto."

NoooooOooOoOooOOOOOoooOOo.
Non so nemmeno dove trovare il fiato per la domanda seguente.

"Perché? Scusa che le ha detto?"

In tutto questo il Malva tira fuori la sua faccia da poker e mi scruta con occhio complice.

"Capisco che forse non sono fatti miei, ma..."
"Ma?"
"Beh..."
"Beh, cosa?"
"Massì, del valore affettivo di quest'auto."

Guardo il Malva per controllare se ha qualcosa di diverso dal solito. Valore affettivo? Non è mai stato un sentimentale.

"Valore affettivo?"
"Sì, per lei, intendo."
"Per me?" Ma sto guardando il Malva, cazzo, mica questo qui!

Il Malva di contro annuisce solenne e poi torna a guardami torvo.

"Guardi che questa macchina non mi significa nulla."
Il Malva inizia ad agitarsi.
"Oh, adesso non faccia il timido. Mi ha parlato di quando sia stato vitale per lei, di quando non possa farne a meno."
"Assolutamente!" Interviene il Malva, con gli occhi, baluginanti, a caccia di tempismo.
"Ci può scusare un secondo solo?"
"Ma certo."

Circondo il Malva con un braccio e me lo porto via.

"Adesso mi dici che cazzo ti sei inventato!"
"Ma niente."
"Come niente? Stiamo vendendo una ritmo e quello si mette a fare il paparino. Che cazzo succede?"
"Stai calmo. Fa tutto parte del piano. Tu fai la tua parte e basta."
"Sapessi almeno quale cazzo è, questa mia parte. Che gli hai detto, merdaccia?"
"Niente che non fosse pianificato nella mail di ieri."
"Malva, guardami nelle palle degli occhi, e cerca di capire sta volta, o ti mollo nella merda come niente."
"Ok"
"Mi devi dire che cazzo gli hai detto di me!"
"E va bene, stai sereno! Gli solo detto che questa macchina ha un grande valore affettivo per te, per giustificare il prezzo più alto delle normali quotazioni."
"E, secondo te, lui pagherebbe di più per questa stronzata?"
"Sì, è qui la genialata. Questo qui cerca ben altro che la macchina, credimi. Sai, è un feticista. Lo beccato su uno di quei siti giusti e, mentre parlavamo del più e del meno, gli ho infilato la storia della macchina."
"Complimenti Malva. Ma perché non scrivi un libro?"
"Dai piantala. Hai capito? E' un piano sicuro."
"Sarà sicuro quanto vuoi, ma non faccio un cazzo finché non mi dici cosa gli hai detto di me."
"Se mai di noi."
"Di noi?"

Aaaah!!! La seconda plurale! E ora punta dritta su di me!

"Sì, di noi."
"Che noi?"
"Massì dai, per attirare un feticista devi sbattergli in faccia un oggetto tabù"
"Che cazzo ha di tabù una fiat ritmo?"
"Ragiona, il valore affettivo deve esistere per tutti e due, sennò come lo alzo il prezzo? Ero alle strette e ho dovuto improvvisare!"
"Sì ma quindi? Che intendi con me su di te?"
"Solo il fatto che io e te stiamo insieme e che questa macchina è la nostra sala da ballo. Capisci cosa intendo, no?"
"Mio dio. Purtroppo sì. Solo tu potevi pensare un piano così illogicamente disumano."
"Va beh... Quando ha finito con i paroloni, possiamo procedere."
"Procedere a che?"
"Beh... Quel tizio compra la macchina esaltato dall'idea delle nostre scopate su gomma, no?"
"Purtroppo sì. Cazzo."
"Quindi..."
"Quindi?"
"Eh, quindi fai due più due."
"Quindi che, Malva? Dimmi."
"Quindi credo proprio che dovremmo vincere la timidezza e fagli vedere che è tutto vero."
"..."

Tre puntini. Non so fare di meglio.


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