giovedì 10 febbraio 2011

Gli inizi difficili

Buongiorno, sono Sarti avrei un appuntamento con lei per. No.
Buongiorno, sono Sarti, sono qui per. No.
Buongiorno, sono Sarti, sarei qui per fare l'orale di. No.
- Sì?
- Buongiorno, sono...
- Mi ricavi il canonico dal microcanonico.
- ... Sarti, sarei qui. Scusi?
- Eh su, prima di dire che non la sa ci rifletta un attimo. Com'è definita rho nel microcanonico?

- No è che proprio non ho sentito la domanda...
- Non si può non sapere. Heaviside, si ricorda? E poi al limite diventa la delta. Sì ma il limite per cosa?
Ok probabilmente sono io che sto sbagliando approccio. Proviamo a rispondere la prima cosa che mi passa per la testa.
- Per V che tende a infinito.
- Non dica la prima cosa che le passa per la testa!
Non ha funzionato.
- Senta partiamo dalla definizione. Guardi scrivo io che facciamo prima. Mi dia quel gessetto.
“E insomma sono stato lì un’ora e tre quarti con lui che delirava alla lavagna, impelagandosi in calcoli orrendi che poi non gli venivano neanche a lui e perciò si infervorava sempre di più”
Giobbe ha fatto di tutto pur di non farmi prendere il caffè. Ma non ci è riuscito, e adesso mi fissa con lo sguardo di Wile Coyote che fissa il macigno lanciato da lui stesso cadergli in testa. Nonostante tutto riesce a proferire un innocente “Ma quindi com’è finita?”, appoggiato lì con la finta tranquillità di chi ha appena rotto la porcellana preferita della madre davanti ai suoi occhi e cerca di far ricombaciare i cocci così che sembri intatta.
“Mah, pari e patta” “Che vuol dire?” “Che mi ha detto di farmi un giro e di ritornare tra qualche giorno” “Ah”
Torni tra qualche giorno. Ma certo, tanto qui si ha tempo. Oggi ad esempio ho il tempo di prendermi una pepsi e i tarallucci. Prima di tornare su in laboratorio, con l’abate che incombe sul nostro operato da onesti tecnici riparatutto. Ma forse è meglio fare qualche presentazione.
- Buongiorno prof
Alza gli occhi dalla scrivania del suo studio e ci fissa come se si fosse scoperto braccato da due briganti.
- ...Buongiorno!
Ma i tuoi occhietti da scoiattolo rivelano più di un qualsiasi buon giorno, caro il mio Batelli. Bate. O a-Bate come vien più facile chiamarti, vista la tua mise da curato che torna bel bello verso casa con in mano il suo breviario. E’ un buon giorno per dimenticarsi che oggi siamo nel tuo laboratorio.
- ...Ma che giorno è oggi?
Domenica, siamo venuti per la messa.
- Venerdì
- Ah! Di già. Eh beh, allora meglio che vi apra il laboratorio
E’ una scena che si ripete ogni settimana. Noi abbiamo provato a pensare come sia possibile dimenticarsi costantemente che dopo il giovedì accada sempre che venga il venerdì. Rici sostiene che sia colpa di un’interpretazione sbagliata di un passo della Bibbia. Io che il suo collega di studio gli metta in disordine le pagine dell’agenda. Tracki invece va più sul filosofico appellandosi ad effetti mistici collegati alla venerazione dello strumentario che ha in delega.
Tracki è una di quelle persone che nel tuo profondo vorresti non potessero esistere. Voto minimo 30, con qualche remora perché non ha messo la lode, alto, bello, sorridente, legge più libri in un anno di quanti tu ne possa aver letti finora, in graduatoria nazionale come judoka - cintura nera - borsa di studio vinta ogni anno, parla fluentemente tre lingue e ne conosce un po’ altre due, esperto di cinema e teatro, ballerino, manca solo che quando gli tiri l’uccello ti faccia da abat-jour. Non che ci abbia mai provato, finora. Tutto ciò coronato da uno spiccato senso dell’umorismo e un comportamento da piccolo lord, che sarebbe capace di mantenere la calma anche nelle situazioni più improbabili e devastanti: annullamento di tutti gli esami e del titolo di laurea, invasione di cavallette, l’abate che ci dice che ha resettato l’impianto e che c’è da rifare tutta la calibrazione.
- Da capo?
Rici ha gli occhioni da cerbiatto allo scatto della tagliola. Dall’inizio. Ci avete messo un mese, ma solo perché non sapevate come funzionava. Ma ora. Ah, ora. Lo rifarete in uno o due pomeriggi. Tracki è lì seduto sulla sua seggiolina, che guarda il professore con l’aria di un bambino che non ha capito bene il gioco che gli stanno proponendo di fare.
Usciamo che sono le sette. Anzi, esco, visto che mi ero impuntato di finire almeno la prima serie di misure.
- Arrivederci
Non riesco a trattenere il muso del carcerato messo ai lavori forzati.
- Spento tutto?
- Sì
- E il laser?
- Sì
- E il computer?
- Anche lui
- Microscopio?
- Pure
- E la ciabatta?
- No quella no
- Ah-Ah!
- Così la ventola raffredda il laser ancora un po’
- Ahhhh, bene
- Allora io andrei
- Arrivederci
- Arrivederci
Ah, quasi dimenticavo, nello spegnere il microscopio mi è rimasto in mano questo piano micrometrico, spero non sia importante. Cazzo, ci sarebbe da farlo veramente.

Sto uscendo dal dipartimento quando mi arriva la chiamata di Tracki. Ha dimenticato il portafoglio lì e chiede di portarglielo in Garibaldi. Vada, tanto ci dovevo passare. Torno su, prendo di soppiatto il portafoglio riuscendo a sfuggire all’abate, probabilmente impegnato coi vespri, e fuggo via.
Non è che l’ho fatto apposta. Sporgeva dalla tasca principale. Temevo cadesse, e poi che facevo, gli ridavo il portafoglio senza un foglio. Non si fa. Non si fa neanche di guardare i fogli nel portafoglio degli altri. Ma insomma dai, era un invito a nozze. E poi solo uno, un misero foglio a quadretti, ripiegato enne volte e messo dentro alla bell’e meglio. Quasi completamente bianco, pergiunta. A parte qualche parola nell’angolo in alto a sinistra:
Cara Elisa,
ti scrivo questa lettera
Mia carissima Elisa,
Cara Elisa,
non trovo le parole per dirti
Tento di ripiegarlo com’era prima mentre il pesante motore del Moltenino brontola come a ricordarmi la simpatia che solo le imperfezioni sanno suscitare.

1 commento:

Sofia ha detto...

Ma questo Tracki?

Gran pezzo, Edo :)